Nuove scoperte sulla memoria

In questo articolo vi proponiamo alcuni studi volti ad indagare diversi aspetti della memoria.  TIMP2: una proteina capace di migliorare memoria…

In questo articolo vi proponiamo alcuni studi volti ad indagare diversi aspetti della memoria. 

TIMP2: una proteina capace di migliorare memoria e apprendimento

L'ippocampo è la struttura cerebrale che svolge un ruolo fondamentale nei processi di apprendimento, memoria e navigazione spaziale ed è la prima a mostrare danni in patologie neurodegenerative come l'Alzheimer. Comincia, però, a farsi strada l’idea che sia possibile sviluppare nuovi farmaci in grado di contrastare il declino mentale associato all'età. Questa possibilità deriva da uno studio di un team di ricercatori della Stanford University School of Medicine, guidati dallo scienziato Wyss-Coray. Il team ha somministrato del sangue umano ricavato dal cordone ombelicale a topi anziani. Questi hanno dimostrato un certo recupero delle capacità cognitive rispetto ai loro compagni che avevano ricevuto sangue di donatori adulti. Dopo aver confrontato una sessantina di proteine presenti nel plasma del cordone ombelicale con quelle del plasma di adulti, i ricercatori sono riusciti ad individuare e ad isolare il fattore responsabile dei risultati ottenuti. Si tratta della proteina TIMP2, o inibitore tissutale delle metalloproteasi 2, che è in grado di stimolare la plasticità sinaptica e la neurogenesi nell'ippocampo portando ad un aumento del comportamento esplorativo, della capacità di risolvere problemi e della memoria.

Il talamo conserva i nostri ricordi

Il talamo è una struttura del sistema nervoso centrale finora considerata un centro di amplificazione e smistamento dei segnali. Tre ricerche condotte sui topi hanno, invece, dimostrato che esso svolge un ruolo cruciale per fissare e conservare i ricordi, inviando segnali alla corteccia prefrontale. In un primo esperimento, il team guidato da Michael Halassa, dell'università di New York, ha monitorato l'attività delle cellule nervose di alcuni topi che dovevano ricordare quale, fra due porte, nascondesse una ciotola di latte. Tramite la tecnica optogenetica, i ricercatori hanno bloccato l'attività dei neuroni del talamo, constatando che i topi non erano più in grado di scegliere la porta giusta. Il gruppo di ricercatori della Columbia University, guidato da Joshua Gordon e Christoph Kellendonk, ha ottenuto risultati simili, dimostrando che il circuito che collega il talamo con la corteccia prefrontale controlla la capacità dei topi di percorrere un labirinto per raggiungere una ricompensa. Infine, Karel Svoboda, ricercatore dell'Istituto di ricerca medica Howard Hughes(HHMI), e Charles Gerfen, dei Nih, hanno rilevato che, in topi che dovevano ricordare dove andare per ricevere la ricompensa, i neuroni del talamo inviavano segnali elettrici a quelli della corteccia per la pianificazione dei movimenti. Questi risultati potrebbero aprire una nuova strada per ridurre i deficit cognitivi causati da malattie psichiatriche come la schizofrenia, in cui il circuito che collega il talamo con la corteccia prefrontale funziona in modo anomalo.

Come funziona la memoria a breve termine

La memoria a breve termine ci consente di ricordare pochi elementi per alcuni secondi, ma è fondamentale per diverse operazioni che compiamo ogni giorno: appuntare un nome o un numero di telefono, fare calcoli a mente, prendere decisioni. Un gruppo di neuroscienziati del Cedars-Sinai Medical Center di Los Angeles ha studiato l’attivazione neuronale della memoria a breve termine in un gruppo di pazienti epilettici. In questi pazienti, l’impianto di elettrodi per la localizzazione della fonte degli attacchi, ha consentito agli studiosi di analizzare l’attività elettrica del cervello mentre i soggetti erano impegnati in un test di memoria in cui dovevano visualizzare un’immagine proiettata su uno schermo e decidere se fosse tra quelle viste in rapida successione pochi secondi prima. I ricercatori hanno potuto rilevare che la funzione della memoria a breve termine dipende da un particolare tipo di cellula cerebrale chiamata “neurone persistentemente attivo”, che si attiva quando una persona sta cercando di memorizzare un oggetto o un’immagine per richiamarla alla memoria in un secondo momento. L’individuazione di questo processo e delle specifiche regioni cerebrali coinvolte è un passo cruciale per lo sviluppo di trattamenti per i disturbi della memoria.

 

Abbiamo visto tre scoperte che possono rappresentare i punti di partenza per lo sviluppo di terapie e trattamenti per i deficit della memoria. A giovedì prossimo!