Dipendenti, motivazione e scarso rendimento

Nel corso di quest’anno mi è capitato circa una decina di volte di trovarmi di fronte alla stessa situazione, con…

Nel corso di quest’anno mi è capitato circa una decina di volte di trovarmi di fronte alla stessa situazione, con persone diverse che mi hanno parlato della stessa cosa, ovvero dello scarso rendimento dei propri dipendenti. Tema sicuramente scottante che ho deciso di approfondire, individuando anche alcuni fattori che determinano questa situazione.

La sensazione di scarso rendimento dei dipendenti

Nella mia vita professionale mi occupo proprio di questi temi, legati alla motivazione, alla comunicazione ed al cosiddetto "benessere organizzativo", dunque ho ascoltato con attenzione quanto esposto dai miei interlocutori (capi o imprenditori) ed ognuno, per ragioni diverse, mi ha parlato di questa situazione di poca motivazione e scarso rendimento.

La cosa singolare che mi ha fatto riflettere e che mi ha spinto a voler scrivere questo articolo, è stata sostanzialmente una: la meraviglia con cui le persone me ne parlavano. Nei miei interlocutori sembrava che fosse del tutto naturale che le persone (dipendenti, collaboratori, venditori esterni) dovessero aver dentro di sé una carica tale che le spingesse a "gettare il cuore" oltre l'ostacolo per arrivare a tutti i costi al risultato, sposando la causa aziendale, a volte non avendo supporto (nel caso di apprendisti essere senza coordinamento) o con scarsi strumenti di lavoro (anche a livello manageriale). Purtroppo non ho avuto modo di parlare con i diretti interessati, sarebbe stato utile ascoltare anche "l'altra campana".

Non sono di certo nuovo a situazioni del genere, lavorando anche nella ricerca e selezione di personale: con la selezione di agenti di commercio poi è praticamente scontato (purtroppo) che si chieda all'agente di mettere impegno (psicologico ed economico) a fronte di supporti assenti se non il prestigio (?) di poter lavorare per quella specifica casa mandante, spesso poco nota o in fase di start up. Come dico spesso agli imprenditori "tu in realtà non cerchi un agente, tu cerchi un socio, ma non lo vuoi avere come socio". Molto spesso questo ragionamento vale per i dipendenti assunti con contratti a dir poco fantasiosi.

Cosa fa pensare che i collaboratori non si impegnino abbastanza?

Sono andato a fondo con ciascuno dei miei tre interlocutori e, mescolando ciò che ho sentito recentemente con quello che ho visto in più di dieci anni di lavoro, ho individuato alcuni fattori che portano a pensare che i propri collaboratori non si impegnino abbastanza.

1. Aspettative molto alte

Molto spesso è emerso che le aspettative legate ad una certa persona e/o al ruolo che riveste, siano troppo alte. In due dei tre casi, le persone si aspettavano grandi risultati da ragazzi assunti con contratto di apprendistato, dunque ancora poco formati ed esperti. Ma, nella testa di chi li ha assunti, queste persone avrebbero dovuto essere da subito operative, intraprendenti, responsabili di un risultato e a disposizione/sostituzione del capo. Troppo per una persona professionalmente giovane.

Forse meglio scegliere una persona più formata, più esperta (ma anche più difficile da gestire magari) se l'obiettivo è avere velocemente una persona autonoma. Spesso mi capita di incontrare questa situazione per cui una persona entra in un’azienda e dopo poche settimane sembra che sia in azienda da anni e che quindi debba portare con sé esperienze e soluzioni. Come se ci si dimenticasse che i tempi di inserimento/apprendimento sono tendenzialmente di media/lunga durata, non di breve.

2. La mancanza di (vero) ascolto

Questo è un problema che affligge non solo le tre aziende che ho visitato, ma in generale una parte dell'imprenditoria che ho conosciuto. Torniamo al caso dei ragazzi neo-assunti e poco esperti: è naturale che nel primo periodo cercheranno spesso il proprio responsabile per confrontarsi su temi sia operativi che di impostazione del lavoro. Prendersi il tempo per ascoltarli non solo è utile, ma crea in chi è appena arrivato senso di appartenenza, motivazione e dà sicurezza. Quando si inizia a camminare, il bambino ha bisogno della mano sicura del genitore. Come mai capita invece che le migliori intenzioni iniziali dopo un po’non si mantengano ed invece sorgano nuove aspettative?

Molto spesso il problema, lo scrivo senza timore di ciò che affermo, è una mancanza di leadership da parte di chi guida. Gestire le persone è altrettanto difficile quanto svolgere mansioni tecniche per le quali però si è studiato 5-10 anni. Le aziende non sono solo numeri, algoritmi e razionalità. Anche ricerche molto quotate danno ormai per assodato questo dato.

3. La fretta nel voler vedere i risultati, non definendo obiettivi misurabili e raggiungibili

Una delle tre persone che ho incontrato mi ha detto "ma lei sa quanto spendo ogni mese per il personale?". Certo, il costo del lavoro in Italia non è di certo secondario (ne abbiamo parlato qui e lo so anche io, che ho alcuni dipendenti) ma in genere il numero di collaboratori è commisurato alla quantità di attività da svolgere. O almeno così dovrebbe essere. Spesso però, non ci sono obiettivi definiti con le persone. Si lavora perchè si è firmato un accordo, come se il lavoro fosse una pallina su un piano inclinato che continua a rotolare e non si sa né quanto sia inclinato il piano né se siano presenti ostacoli. Pianificare i percorsi di carriera, capire se le competenze di ciascuno sono adeguate al ruolo, definire MBO e dialogare con chi sta concorrendo per i risultati è sì difficile, ma fondamentale. Prendiamo esempio dallo sport, dove si misurano tempi, distanze, efficacia delle azioni...perchè in azienda non è possibile farlo e se lo si fa è solo a singhiozzo?

4. Mancanza di motivazione

Questa è l'affermazione più diffusa, fatta anche da imprenditori che hanno aziende che vanno non bene, benissimo. Sembra che la motivazione sia una componente magica ed esterna alla relazioni. Il mio socio Alessandro Fronti ha parlato più volte di motivazione e in questo video ha anche spiegato come funziona il ciclo della motivazione. In sintesi, la motivazione è un processo, che si alimenta sia internamente che esternamente. L'azienda deve mettere le persone nelle condizioni di potersi esprimere, aiutando il dipendente che, applicandosi passo passo, troverà in ciò che fa una certa dose di soddisfazione, che lo stimolerà a dare di più.

In conclusione

Ho visto con i miei occhi decine di casi in cui le persone, se motivate, possono esprimere molto, moltissimo. Ma non pensiamo che la motivazione sia un siero iniettato dall'esterno, quanto piuttosto un processo che vede coinvolte entrambi i soggetti, persona ed azienda. Un equilibrio delicato che, se ben gestito, può dare soddisfazioni a 360 gradi. Le parole chiave dunque sono definire obiettivi, ascoltare e motivare, scegliere con criterio. Un esercizio che se fatto, darà i suoi frutti. In questo Paese ce n'è bisogno, ma per fortuna ci sono casi italiani di successo mondiale che ci fanno capire che ambire a qualcosa di più, non è un sogno.